domenica 13 luglio 2008

Email a Curzio Maltese


Email a: Curzio Maltese (http://it.wikipedia.org/wiki/Curzio_Maltese), inviata via larepubblica@repubblica.it
Inviata il: 21 giugno 2008


Caro Sig. Maltese,

anche lei dunque oggi con il suo editoriale "Il morso del caimano" si unisce agli accorati pianti di suoi esimi colleghi che nei giorni scorsi lamentavano un disinteresse della società civile per la triste sorte a cui un certo signore sta condannando il Paese. Ebbene, sappia che leggere i vostri editoriali è per me, come penso per tanti altri italiani orfani della sinistra, che hanno votato il PD senza emozione, come sentirsi un coltello rigirarsi in una ferita aperta. Quello che brucia non è la cronaca politica di queste settimane, ma ripensare alle occasioni perse.

Lei stesso cita i girotondi del 2001, si direbbe rivalutandoli. È esistito nella storia recente d'Italia un movimento più felice, spontaneo e civile di quello? Ma inserisca nel motore di ricerca di Repubblica la parola "girotondi" e si rilegga l'atteggiamento che la sinistra istituzionale ebbe nei confronti di quelle iniziative fra il 2001 e il 2002, l'anno in cui piano piano esse cominciarono a spegnersi. Furono critiche, a volte addirittura aperte condanne; ma nella maggioranza dei casi gli strateghi della sinistra si allinearono in una tattica di finto dialogo e vera emarginazione, che contava sull'impossibilità che un movimento tanto spontaneo durasse abbastanza a lungo per modificare gli assetti della legittimazione e del potere politici.

Poi arrivò la stagione di Cofferati. Tre milioni di persone al Circo Massimo nel 2002. È esistito nella storia recente d'Italia un più chiaro esempio di investitura di un leader? Ma quando Cofferati cominciò a fare paura all'establishment di sinistra, anch'egli fu accerchiato dal silenzio, alla fine "disarmato", promosso sindaco a Bologna; oggi criticato dai garantisti radical-chic perché la sua amministrazione pone la sicurezza dei cittadini al primo posto.

E oggi? Secondo lei e i suoi colleghi c'è rimasto poco o niente. Non c'è più qualcosa come Società Civile del post-tangentopoli a Milano, o come l'entusiasmo intorno alla Rete di Orlando. La gente non fa più girotondi e perfino Cofferati si è ridotto a un incattivito sindaco di provincia. Non c'è più niente, dunque. Ma ne è proprio sicuro? Ci pensi bene, magari anche un minuto intero, poi si riponga la questione e la riponga ai suoi colleghi che dipingono l'Italia come un paese di ignavi intristiti e rassegnati: davvero in Italia non c'è più nessuno che si indigna, che riempie le piazze di gente civilmente arrabbiata, che sul suo sito ha più contatti di Repubblica.it? Vede che ci sta arrivando anche lei! Sì, è "l'arci-italiano, la summa di tutti i vizi di noi italiani", ovvero il prossimo bersaglio di una sinistra perdente in eterno che, pur di non rinunciare al suo angolino di potere, preferisce consegnare il Paese nelle mani non di un caimano, ma di un vero e proprio Terminator, un androide impazzito il cui programma è quello di salvare se stesso ad ogni costo.

Si renda conto per favore della responsabilità che un intellettuale "della parte giusta" come lei ha in un momento storico come questo e aiuti chi di dovere a comprendere che la gente che ancora va in piazza a protestare (a prescindere da chi ce la porti) è una risorsa del Paese e non un nemico. E che essa è una realtà, niente affatto virtuale come qualcuno vorrebbe.

Cordiali saluti


Riporto sotto l'articolo di Curzio Maltese a cui fa riferimento l'email. L'articolo è anche reperibile tramite il link: http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/politica/giustizia-2/maltese-morso-caimano/maltese-morso-caimano.html


Il morso del Caimano
di CURZIO MALTESE

Silvio BerlusconiÈ un po' ingenuo, anzi molto, stupirsi che Berlusconi sia tornato Caimano. Se esiste una persona fedele a se stessa, oltre ogni umana tentazione di dubbio o di noia, questa è il Cavaliere. Era così già molto prima della discesa in politica, con la sua naturale carica eversiva, il paternalismo autoritario, l'amore per la scorciatoia demagogica e il disprezzo irridente per ogni contropotere democratico, a cominciare dalla magistratura e dal giornalismo indipendenti, l'insofferenza per le regole costituzionali, appresa alla scuola della P2. Il problema non è mai stato quanto e come possa cambiare Berlusconi, che non cambia mai. Piuttosto quanto e come è cambiata l'Italia, che in questi quindici anni è cambiata moltissimo. In parte grazie all'enorme potere mediatico del premier. Ogni volta che Berlusconi ha conquistato Palazzo Chigi ha provato a forzare l'assetto costituzionale e per prima cosa ha attaccato con violenza la magistratura. Lo ha fatto nel 1994 con il decreto Biondi, primo atto di governo; nel 2001, quando i decreti d'urgenza sulla giustizia furono presentati prima ancora di ricevere la fiducia; e oggi. Con una escalation di violenza nei toni e, ancor di più, nei contenuti dei provvedimenti. Il pacchetto giustizia di oggi è più eversivo della Cirami e del lodo Schifani, a sua volta più eversivi del "colpo di spugna" del '94. Ma, alla crescente forza delle torsioni imposte da Berlusconi agli assetti democratici, ha corrisposto una reazione dell'opinione pubblica sempre più debole. Nel '94 la rivolta contro la "salva-ladri" azzoppò da subito un governo destinato a durare pochi mesi. Nel 2001 i "girotondi" inaugurarono una stagione di movimenti, con milioni di persone nelle piazze, che si tradussero fin dal primo anno in una serie di pesanti sconfitte elettorali per la maggioranza di centrodestra, pure larghissima in Parlamento.
La terza volta, questa, in presenza di un tentativo ancora più clamoroso di far saltare i cardini della magistratura indipendente, la reazione è molto debole. L'opposizione, accantonate le illusioni di dialogo, annuncia una stagione di lotte, ma non ora, in autunno. La cosiddetta società civile sembra scomparsa dalla scena. I magistrati sono gli unici a ribellarsi con veemenza, ma sembrano isolati, almeno nei sondaggi. Quasi difendessero la propria corporazione e non i diritti e la libertà di tutti, così come l'hanno disegnata i padri della Costituzione. Ecco che la questione non è che cosa sia successo a Berlusconi (nulla), ma che cosa è successo al Paese. Siamo davvero diventati un "paese un po' bulgaro", come si è lasciato sfuggire il demiurgo pochi giorni fa? La risposta, purtroppo, è sì. In questo quarto di secolo che non ha cambiato Berlusconi, l'Italia è cambiata molto e in peggio, il tessuto civile e sociale si è logorato, il senso comune è stato modellato su pulsioni autoritarie. Molti discorsi che si sentono negli uffici, nei bar, sulle spiagge oggi, da tutti e su tutto, si tratti di immigrazione o di giustizia, di diritti civili come di religione, di Europa o di sindacati, nell'Italia del '94 sarebbero stati inimmaginabili. Il berlusconismo è partito dalla pancia di un Paese dove la democrazia non si è mai compiuta fino in fondo, per mille ragioni (ragioni di destra e di sinistra), ma ora ha invaso tutti gli organi della nazione ed è arrivato al cervello. La mutazione genetica della società italiana è evidente a chi ci guarda da fuori. Perfino negli aspetti superficiali, di pelle: non eravamo mai stati un popolo "antipatico", com'è oggi. Più seriamente, il ritorno di Berlusconi al potere e le sue prime e devastanti uscite hanno evocato i peggiori fantasmi sulla scena internazionale. Si tratta però di vedere se il "caso Italia" è tale anche per gli italiani. Se nell'opinione pubblica esistano ancora quei reagenti democratici che hanno impedito nel '94 e nel 2001 la deriva, più o meno morbida, verso un regime. I segnali sono contraddittori, la partita è aperta. Certo, in questi decenni la forza d'urto del populismo berlusconiano è andata crescendo, così come la presa su pezzi sempre più ampi di società. Non si tratta soltanto di potere delle televisioni o dell'editoria, ma di una vera e propria egemonia culturale. E sorprende che nell'opposizione, gli ex allievi di Gramsci, ancora oggi, a distanza di tanto tempo, non comprendano i meccanismi e la portata della strategia in atto. Altro che "l'onda lunga" di craxiana memoria. Anche loro, purtroppo, non cambiano mai. Si erano illusi (ancora!) di trasformare Berlusconi in uno statista, offrendogli un tavolo di trattative. S'illudono (ancora!) di poter resistere con la politica del "giù le mani" e con l'arroccarsi nelle regioni rosse, che sono già rosa pallido e rischiano prima o poi di finire grigie o nere. In attesa di tempi migliori. Non ci saranno tempi migliori per l'opposizione. Bisogna trovare qui e ora il coraggio di proposte forti e alternative al pensiero unico dominante, invenzioni in grado di suscitare dibattito e bucare così la plumbea egemonia "bulgara" dell'agenda governativa. Bisogna farsi venire qualche idea, anzi molte, una al giorno, per svegliare l'opinione pubblica democratica dal torpore ipnotico con cui segue gli scatti in avanti di Berlusconi. Lo stesso torpore ipnotico che coglie la preda davanti alle mosse del caimano. Che alla fine, attacca. (21 giugno 2008)

1 commento:

. ha detto...

Riporto la risposta di Curzio Maltese, arrivata il 23 giugno 2008.

la ringrazio per la stima, ma pensa davvero che scalfari o repubblica o uno come me riescano a influenzare la linea politica del centrosinistra? se fosse così, avremmo avuto la riforma televisiva e la legge sul conflitto d'interessi nel '96. invece scalfari, lei, repubblica e io ci siamo beccati la bicamerale. saluti, cm