domenica 13 luglio 2008

Email ad Angelo Panebianco


Email a: Angelo Panebianco (http://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Panebianco), inviata tramite il sito del Corriere della Sera.
Inviata il: 17 giugno 2008


Egregio Signor Panebianco,
gentile Redazione politica del Corriere della Sera,

in riferimento al suo articolo odierno "Ritorno all'antico", leggerne il titolo in combinazione con il suo nome ha catturato la mia attenzione, inducendomi a pensare che l'antico in questione fosse l'usata pratica di Berlusconi di fermare o cassare con colpi di spugna legislativi i processi in corso che lo vedono imputato. La cosa ha colpito la mia attenzione perché mi pareva strano, essendo occasionale frequentatore della sua letteratura giornalistica, che lei si mettesse a criticare questa nota pratica berlusconiana.

Per fortuna, cliccando sull'articolo, mi sono subito tranquillizzato. L'antico che spaventa lei non è il sovvertimento delle regole democratiche, come per esempio il fatto che la giustizia cessi di essere uguale per tutti, bensì "la sinistra dura e pura" che denuncia questi tentativi. Immagino che per lei in questa sinistra dura e pura rientri anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quando pretende che le leggi sulla giustizia non abbiano effetto sui processi correnti ai mandanti delle leggi stesse.

Qualora al Presidente del Consiglio stesse a cuore solo garantire la riservatezza dei cittadini regolamentando le intercettazioni telefoniche, potrebbe sempre farlo includendo i reati di corruzione fra quelli intercettabili. Se poi ritenesse che la riservatezza dei cittadini non fosse ancora garantita dall'uso delle intercettazioni in indagini di corruzione, potrebbe evitare di imporre la retroattività della legge ai processi in corso, fra i quali quello che lo vede imputato a Napoli.

Per lei i problemi del Paese non sono questi, bensì sono "i debolissimi poteri di cui gode il premier" e il "numero di poteri di veto" che impediscono a un onesto Presidente del Consiglio di riformare autonomamente la Costituzione senza dover pagare il dazio di ottenere approvazione alle camere legislative (quale obsoleto residuo dell'antichità!) o addirittura il beneplacito di quella ridicola figura, virtuale e decorativa, del Presidente della Repubblica.

Se davvero lei godesse oggi di maggiore credibilità o popolarità di una qualsiasi velina televisiva, ci sarebbe da preoccuparsi per quello che scrive. Invece così c'è solo da preoccuparsi per la sua lucidità, per la quale le faccio comunque i miei migliori auguri di pronto recupero.

Cordiali saluti


Riporto sotto l'articolo di Angelo Panebianco a cui fa riferimento l'email. L'articolo è anche reperibile tramite il link: http://www.corriere.it/editoriali/08_giugno_17/il_ritorno_all_antico_0037a9de-3c2a-11dd-bc39-00144f02aabc.shtml


GOVERNO E OPPOSIZIONE
Il ritorno all'antico
di Angelo Panebianco
Non se ne sentiva la mancanza ma la notizia è ufficiale: è tornato il «regime» con annessi «attentati alla Costituzione » e «derive autoritarie». La sinistra dura e pura, quella che oggi vuole dare lo sfratto a Walter Veltroni per connivenza col nemico, torna agli argomenti di sempre. Mobilita persino (lo ha fatto l’Unità ieri) i «reporter europei» contro il divieto di pubblicare le intercettazioni. È un dettaglio irrilevante, naturalmente, il fatto che nessuno di quei reporter europei (come i pubblici ministeri dei relativi Paesi) abbia mai potuto fare l’uso delle intercettazioni che si è fatto fin qui in Italia. La difesa del circo mediaticogiudiziario viene assimilata alla difesa della libertà di stampa.
Per inciso, chissà come si deve sentire Luciano Violante, nonostante l’autorevolezza di cui ha sempre goduto a sinistra sui temi giudiziari: avendo detto cose assai diverse da quelle che dice la «sinistra anti-regime», rischia di essere trattato da traditore. La battaglia anti-regime ha fatto male alla sinistra in passato. È stata una strada politicamente fallimentare. Se verrà imboccata di nuovo (e ce ne sono i segnali) farà ancora male alla sinistra. E anche alla democrazia italiana. Il paradosso è che la mobilitazione anti-regime non avviene in un Paese che soffre di iper-decisionismo ma del suo esatto contrario, di un’insuperabile debolezza decisionale. Nel 2001 Berlusconi aveva, sulla carta, una fortissima maggioranza ma questo non impedì che la sua azione venisse continuamente bloccata dai veti incrociati. L’illusione ottica si è ripresentata dopo le ultime elezioni.
La vittoria del centrodestra è stata così netta da far pensare che nulla avrebbe potuto impedire a Berlusconi di governare con vero piglio decisionista. Ma non può essere così in un sistema politico come il nostro. L’illusione ottica si sta dissolvendo. Il governo appare già oggi indeciso a tutto. Basti guardare alla girandola di norme che vengono inserite nei decreti (a immediata operatività) e, un istante dopo, ne escono per essere trasferite dentro disegni di legge: in un sistema indecisionista come il nostro, trasferire una norma da un decreto a un disegno di legge significa farla uscire dall’agenda politica. Prima che se ne discuta di nuovo, campa cavallo. A differenza di quanto accade in altre democrazie, in Italia ottenere grandi consensi elettorali e disporre di una grande maggioranza non garantisce la capacità decisionale del governo. Nonostante le differenze fra il governo Berlusconi e il governo Prodi (minor numero di partiti nella coalizione, maggioranza sicura in entrambe le Camere), non è detto che, in termini di capacità decisionale, a Berlusconi vada davvero molto meglio che a Prodi.
Perché restano inalterati i problemi di fondo della nostra democrazia: i debolissimi poteri di cui gode il premier e un numero di poteri di veto, diffusi a tutti i livelli del sistema istituzionale, più elevato di quello di altre democrazie. Basti guardare, ad esempio, alla capacità che hanno certi settori della magistratura campana (il commissario De Gennaro è stato esplicito su ciò) di bloccare o rallentare l’azione governativa nella vicenda dei rifiuti. È strano, o perlomeno prematuro, che si accusi un sistema politico cronicamente malato d’indecisionismo di essere un regime.
17 giugno 2008

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